Recensione Donkey Kong Bananza

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Donkey Kong Bananza è la seconda esclusiva vera e propria uscita su Nintendo Switch 2 ed è arrivato il momento di recensirla, prima ancora di Mario Kart World.
Inizio con una breve premessa circa Nintendo Switch 2. Come già scritto in precedenza, nell’articolo di presentazione di CociaBomb, sono un videogiocatore che ha subito enormi influenze dalla grande N per quanto riguarda le preferenze e i gusti videoludici. Tuttavia non ero fermamente convinto di acquistare al day one l’ultima console ibrida Nintendo (io la considero quasi esclusivamente un’home console comunque visto che la modalità portatile la sfrutterò poco o niente). I punti più salienti che hanno favorito la mia titubanza sono: il costo della console e dei giochi singoli che reputo molto alti; il fattore novità assente (o almeno da me percepito come tale), in quanto il nome Switch 2 in primis e il design moooolto simile a quello di Switch 1 sono caratteristiche che nella mia testa mi hanno portato a ritenere la nuova console Nintendo come un nuovo modello della precedente (la tanto discussa e rumorata Switch Pro sulla falsariga di DS e DSi o PS4 e PS4 Pro); l’assenza di first party al lancio al di fuori di Mario Kart. Ciò che mi ha fatto cedere è stata la pressione esercitata dalla magnificenza dei trailer di Mario Kart e dalla volontà di fare un regalo a mia sorella, che negli ultimi anni ha sicuramente degnato di maggior rispetto la prima Switch di me.

DK Bananza è un platform 3D che a primo impatto ricorda molto Super Mario Odyssey e infatti il team si sviluppo è lo stesso.

La storia in un piattaforma non credo sarà mai il fulcro portante del gioco, giustamente, e Bananza non fa eccezione: carina e sufficiente per le finalità e il pubblico di riferimento. La vicenda inizia in un’isola che ospita una miniera dove impersoniamo Donkey Kong intento a scavare e cercare banane. Mentre si accinge a mangiarne una ecco che dal cielo compare una sorte di meteorite che spinge l’intera isola sottoterra. Dopo essersi liberato dalla macerie che lo bloccano, DK esplora la zona attorno a sé e poco dopo vede dal cielo cadere una strana roccia viola. Si incammina alla sua ricerca e scopre che è in grado di parlare e che risponde al suo fischiare. Diventerà suo compagno fidato appolaiandosi comodamente sulle spalle del gorillone. I due uniscono le forze per liberare la zona da una strana sostanza viola che blocca varie strutture e passaggi. Dopo aver affrontato il primo “boss” DK e roccia si tuffano ulteriormente nell’abisso per inseguire una banana. Proseguendo con gli eventi si scopre che la roccia è solo un involucro generato dalla strana sostanza viola che permea tutto il sottoterra e al cui interno nasconde una persona, Pauline!

Ostaggio nel primo Donkey Kong, il ritorno in Mario vs. Donkey Kong 2: La marcia dei Minimario, poi sindaco di New Donk City in Super Mario Odyssey e infine spalla del scimmione in Bananza. A primo acchito ho storto un po’ il naso per questo cambio di “relazione” tra i due, però Pauline è un gran personaggio per gli standard di caratterizzazione Nintendo e il fatto che è stato deciso di associarla alla musica e al canto non fa che farmela piacere di più. Pauline in Bananza è una ragazzina timida e introversa che grazie al supporto di DK impara a sciogliersi e trovare sicurezza in se stessa. Con il canto permette allo scimmione di trasformarsi in altri animali ciascuno dotato di peculiari abilità sfruttando il potere Bananza.
Entrambi precipitati nelle viscere della terra, che nascondono diversi sottolivelli, i due collaborano per riemergere al livello “zero” (obiettivo più di Pauline che di DK con la testa sempre tra le banane) e nel mentre sventare i piani della “Void Company”, un’azienda mineraria dietro la sostanza viola e che in precedenza aveva rapito Pauline per servirsi dei suoi poteri canori. Per riemergere DK e Pauline si fanno strada verso il centro della sottosuolo, il Planet Core, dove potranno esaudire un desiderio grazie al potere del Banandium Root.

La grafica vivace e colorata si sposa bene con lo stile del gioco ed è un ulteriore fattore comune con Odyssey. Molto bella da vedere. Ma c’è un ma. Vorrei poter essere in grado di fare delle analisi più tecniche per quanto rigurda il comparto grafico e invece continuerò a limitarmi su “colpo d’occhio”, artstyle e framerate. E quest’ultimo è un tasto dolente. Nonostante durante il 90% del walkthrough i cali di frame siano ridotti, ma comunque costanti a ridosso di alcuni eventi (per esempio mentre DK mangia una banana), all’aumentare degli elementi a schermo e della loro distruzione il problema tende a ingradirsi e raggiunge l’apice durante la boss fight finale, molto figa e ben strutturata (una delle poche) ma giocata a meno di 10 frame. Per quanto un livello così basso venga raggiunto una volta soltanto è decisamente troppo importante come basso per far finta di nulla e rimarrà per sempre segnato nella mia memoria. In un gioco la cui base del gameplay è distruggere quasi ogni elemento a schermo la fluidità deve essere costante e la più alta possibile, considerando anche che stiamo parlando di Nintendo e non di Game Freak. In un intervista rilasciata a IGN, il produttore e il direttore del team di sviluppo hanno dichiarato che l’idea di Bananza era già presente ai tempi di Switch 1 ma che la sua realizzazione avrebbe beneficiato della maggior potenza di Switch 2. Non voglio pensare cosa sarebbe stato sulla prima.

Difficile invece parlare male della colonna sonora di un titolo Nintendo. In Bananza la musica, più precisamente il canto di Pauline, è la base delle skill più forti di DK e ciò che gli permette di cambiare forma, trasformandosi in un gorilla ancora più grosso o in altri animali, ognuno accompagnato dal suo motivetto. I motivetti tutti molto orecchiabili possono però tendere alla ripetitività considerando quante volte dovremmo ricorrere alle varie forme di DK.

Bananza dura il suo, c’ho impiegato più di 20 ore per terminare la campagna principale. Ad essa vanno aggiunte le ore necessarie per raccogliere tutte le banane, in Bananza il corrispettivo di stelle e lune dei Super Mario. Non so quante ce ne siano sinceramente perché è sempre possibile acquistare una banana per 100 gettoni speciali, anche se immagino che, nonostante il numero totale continui a salire, sia soltanto una per livello quella riconosciuta dalla pratica d’acquisto. I vari mondi di gioco sono strutturati in molti sublayer, dei livelli belli grandi open map che costituiscono un vero e proprio sandbox, all’interno del quale potremo raccogliere e mangiare tantissime banane nascoste qui e lì. Altre le troveremo svolgendo delle missioni secondarie che tendono a ripetersi tra i vari layer, come accompagnare dei piccoli fractone, personaggi indistruttibili di color blu che popolano il sottosuolo, a ricomporsi in un unico pezzo; dare da mangiare dell’oro a un fractone a forma di palma; ascoltare le lamentele di Grumpy Kong; etc. Ce ne sono di tanti tipi ma se a mancare non è la quantità e la qualità che non brilla di fantasia e spessore. Tutto sommato va bene così, alla fine sono strutturate in modo tale da funzionare come pretesto per esplorare il livello di gioco.

Il gameplay come accennato in precedenza gira tutto attorno alla distruttibilità ambientale. DK può farsi strada nei vari livelli picchiando con pugni e testate le varie superfici di materiale diverso creando cunicoli e buche su muri, pareti e pavimento. Alcuni materiali sono più resistenti di altri e questa aumenta tanto più si scende in profondità. Questa formula è vincente. Per quanto i controlli siano, o meglio sembrino, semplici e ridotti esistono diverse combinazioni tra essi che forniscono varietà e lasciano spazio alla fantasia del giocatore (a volte) su come approcciare le banane e i nemici. Ho visto qualche clip di tentativi di speedrun che mi hanno lasciato a bocca aperta. Bananza è anche il nome delle trasformazioni in animali che regalano nuovi poteri a DK: il gorilla più grande può spaccare i materiali; la zebra grazie alla sua velocità può correre su superficie instabile come sabbia o ghiaccio; lo struzzo permette di planare per lunghe distanze e lanciare uova che esplodono a mo’ di bombe; l’elefante con la sua proboscide può aspirare i materiali e trasformarli in massi da lanciare; il serpente ha accesso al doppio salto e a un salto caricato che permette di raggiungere altezze importanti e può inoltre rallentare il tempo per qualche istante.

Ci sono altre skill più generiche che DK può utlizzare come un battito di mani per raccogliere risorse nel raggio d’azione, un attacco roteante, il surf sui materiali che sradica, etc. Tutte le abilità, comprese quelle Bananza, sono potenziabili (e sbloccabili per quanto riguarda quelle lockate) attraverso un classico albero delle abilità stile GdR potenziabili tramite dei punti che vengono ottenuti ogni 5 banane mangiate. Alcune trasformazioni Bananza sono più riuscite di altre per le possibilità di gameplay che offrono, con l’elefante über alles, in grado di sfaldare praticamente tutto un layer. Non a caso è pure il mio preferito. Il level design è ottimo e permeato dal fattore N.
Per esempio, ogni layer contiene dei portali che permettono di accedere a dei mini livelli, alcuni dei quali strutturati in 2D e parte di questi direttamente isipirati a Donkey Kong Country. Nostalgia canaglia (anche se devo essere sincero e ammettere di aver giocato solo la versione del primo su Game Boy Color e il capitolo Returns su Wii). Lato gameplay unica pecca le boss fights, troppo troppo semplici.

Per concludere, il ritorno di Donkey Kong come protagonista in un videogioco dopo ben 11 anni (nel 2014 uscì Donkey Kong Country: Tropical Freeze) è un gran ritorno, accompagnato da uno dei miei personaggi secondari preferiti, Pauline (grazie a Odyssey e proprio a Bananza), in un platform 3D che non è sua la comfort zone caratterizzato da un ottimo gameplay e level design. L’unica vera pecca rimane il lato tecnico grafico per quei cali di framerate che non dovrebbero esistere. Ma è un boccone amaro che si butta giù con il sorriso tutto sommato.